E’ ricordata la prima volta nello strumento di fedeltà prestato al principe Amedeo di Acaia dai Peveragnesi il 26 ottobre 1396 presente, tra gli altri, Don Galizio Fresiletto, rettore appunto della chiesa di S. Maria del Paschero.
Nella bolla con cui il 18 maggio 1438 si stabiliva quali parrocchie dovessero essere stralciate dalla diocesi di Asti e sottoposte al Vescovo di Mondovì è menzionata pure la chiesa di Peveragno.
Verso la fine del Quattrocento se ne parla ancora in un documento che la riguarda solo indirettamente.
I Padri Domenicani avevano in quel tempo in Peveragno un vicariato con alcuni religiosi retti dal P. Biagio Berra, inquisitore dell’eresia, quando un certo Antonio Retagliato fu Giacomo di Limone ma abitante da tempo in paese lasciava tre parti della sua eredità per la costruzione di una cappella nella chiesa di S. Maria del Paschero e per celebrarvi una Messa al sabato.
Il Berra, ufficiati gli esecutori testamentari e i principali del luogo, ricorreva al Papa Alessandro VI, il quale con un suo breve eseguito il 31 gennaio 1493 autorizzava la conversione del legato nella costruzione di una chiesa per i Padri Domenicani dedicata ai santi Bovo e Pietro Martire dell’Ordine dei Predicatori, nella sua decorazione, nel suo culto, nel mantenimento dei Padri e nel soddisfare all’obbligo della Messa settimanale.
Secondo il Casalis la costruzione della chiesa sarebbe iniziata già nel 1476 e nel 1487 si sarebbe realizzata la sua decorazione ad opera del Mazzucco; il legato avrebbe quindi soltanto saldato le spese.
Accanto alla casa dei Domenicani col passar del tempo fu eretto anche un monastero di monache di S. Chiara detto pure dei santi Bovo e Pietro Martire, che non ebbe vita lunga, perché verso la fine del Cinquecento non vi abitava più alcuna monaca tanto che Mons. Vincenzo Lauro, vescovo di Mondovì, il 28 aprile 1578 lo sopprimeva; il Papa Gregorio XIII con bolla 13 agosto 1579 ratificava la soppressione, aggregando le rendite del monastero ascendenti a 50 ducati d’oro al Seminario fondato nel 1573.
Ritornando alla chiesa di S. Maria, la vediamo ancora ricordata nel testamento con cui Simone Campana il 26 settembre 1521 fondava in Nostra Signora del Paschero l’altare di S. Antonio di Padova con annesso beneficio laicale.
Nella visita apostolica di Mons. Gerolamo Scarampi, vescovo di Campagna e Satriano, che ha luogo nel 1583, la situazione religiosa di Peveragno è complessa.
La chiesa di S. Maria Annunziata ha bisogno di varie riparazioni, specie al pavimento, la casa parrocchiale è distrutta, gli abitanti hanno uno spirito religioso piuttosto vacillante, un centinaio per diversi motivi non si sono comunicati a Pasqua, la dottrina cristiana non viene insegnata.
Il parroco Don Bernardino Campana fin dal 1580 regge anche la parrocchia di S. Giovanni (che risale al 1536) con unione personale delle due chiese col pretesto che un solo rettore possa adempiere meglio l’ufficio pastorale.
Nei decreti di visita è prescritta la ricostruzione della canonica e annullata l’unione delle due parrocchie essendo le anime superiori alle 3300; la separazione delle due chiese sarà attuata nel 1585, quando il Campana rinunzierà alla chiesa di S. Giovanni che sarà posta a concorso; nel 1590 egli rinunzierà anche alla chiesa di S. Maria.
In origine la chiesa di S. Maria del Paschero aveva la forma di un quadrilatero, era senza coro, con tre navate di quasi uguale altezza e volta a semplice solaio.
Nel 1725, sotto il pievano D. Giraud, vi si realizzarono diversi lavori: si costruì il coro e la volta a mattoni, si innalzò la navata centrale e sulle navate laterali si aprirono diverse finestre per dare luce e aria alla costruzione.
Il campanile che, a lato dell’altare maggiore, si elevava a forma di una grossa torre di pochi metri sopra il tetto fu innalzato una prima volta nel 1627, una seconda al principio del Settecento, una terza negli anni 1871-1872 per opera del pievano D. Scher benemerito per i molti restauri che fece attorno alla chiesa.
All’esterno, nel 1878, egli fece rimodernare la facciata su disegno del geometra Giovan Battista Marchisio, procurò le statue dei Santi Pietro e Paolo collocandole sui pilastri accanto alla porta e dal pittore Andrea Vinay fece affrescare l’Annunziata; l’affresco purtroppo deteriorato dalle intemperie dovrà essere sostituito dal pievano D. Preve con un altro del prof. Michelotti.
All’interno, siccome le pitture eseguite nel 1830 dal Toselli per l’umidità erano compromesse in modo irreparabile, il Pievano procurò una nuova decorazione servendosi dell’opera di diversi artisti: i quadri della volta furono compiuti ancora dal Vinay, le dorature eseguite da Francesco Curiotti di Cuneo, gli stucchi e il medaglione del coro da Francesco Solari di Locarno, gli ornati dal Pittavino di Cuneo e da Vincenzo Odello di Ceva, le statue di S. Andrea apostolo e di S. Mercurio, martire, patroni del Comune, dallo scultore Antonio Brilla di Savona.
Passando ora in rassegna gli altari e le cappelle, notiamo che l’icona dell’altare maggiore collocato in marmo nel 1772 a spese della Compagnia del SS. Sacramento e del Municipio è opera di Roberto Bonelli, allievo dell’Accademia Albertina di Torino, i dipinti laterali rappresentanti l’uno la Cena di Gesù e l’altro il Natale sono l’uno del Vinay e l’altro di Paolo Emilio Morgari, l’icona dell’altare della Madonna del Buon Consiglio e dei Santi Isidoro, Eligio e Giuseppe da Leonessa di Francesco Toscano, l’icona della Cappella delle anime opera del Vinay, l’icona della Cappella della Presentazione della Vergine e Compagnia delle Figlie di Maria opera di Francesco Gonin, mentre i quadri che rappresentano l’uno S. Agata e l’altro S. Teresa sono rispettivamente del Vinay e del Morgari e la statua del Cuore di Maria del Brilla; nella Cappella del Rosario il quadro rappresentante N.S. del S. Cuore è ancora del Vinay.
L’affresco della sacrestia è opera del pittore Carlo Anglois nato a Cuneo il 12 agosto 1807.
La stessa casa canonica legata alla parrocchia da Bartolomeo Gallo nel 1704 fu al centro delle premure di D. Scher che vi fece i più che necessari restauri. La chiesa consacrata il 13 settembre 1778 da Mons. Giuseppe Morozzo, vescovo di Fossano, veniva riconsacrata in occasione dei restauri e del centenario della prima consacrazione il 13 settembre 1878 da Mons. Placido Pozzo, vescovo di Mondovì.
Già abbiamo visto che il pievano D. Preve dovette sostituire l’affresco della facciata con un altro senza riuscire a risolvere il problema della sua conservazione, come è avvenuto invece peril pievano Don G.B. Giuliano che nel 1972 ha rifatto la facciata in mosaico, ha riparato il tetto per impedire infiltrazioni d’acqua, ha rifatto il pavimento che lasciava a desiderare e sostituito i banchi malconci dall’uso e dal tempo.
da “Peveragno nei secoli” – Sac. Dott. Maurizio Ristorto – 1988