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Comune di Peveragno
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Edifici di pregio e Monumenti
Il sito di Forfice

Il sito di Forfice è situato nella frazione Madonna dei Boschi di Peveragno, ad un’altezza di 700 metri slm circa, al termine dell’antica via Morozza (che collegava appunto queste terre a Morozzo).

Forfice era un villaggio di epoca medioevale composto dal castrum (alla sommità del poggio), dalla villa (localizzata sul pianoro alla destra idrografica del torrente Josina) e da un borgo (non fortificato, localizzato sulle pendici sud-est del castrum, alla destra idrografica del torrente “Borgarello”). Il suo nome compare per la prima volta in un documento del 1153, nel quale si parla di un certo «Fulchardus de Forfece», ma è probabile che il borgo sia sorto prima (tra 1041 e il 1153). Il nome deriva dalla particolare conformazione della valle, che si biforca in due vallette più anguste per il frapporsi di una propaggine della Bisalta («Forfex», cioè forbice). Fu edificata probabilmente nell’intento di controllare un’importante strada diretta in Provenza (passante per Via Grima). Nel 1300, per cause ancora ignote, il borgo di forfice scomparve dai documenti; resterà solamente più il borgo di Peveragno (citato per la prima volta nel 1299). E’ cosa certa che i suoi signori si trasferirono nel nuovo borgo, come dimostra l’effige ancora visibile su un pilastro di un’abitazione posta in piazza Santa Maria a Peveragno.



Castelvecchio

Il poggio di Castelvecchio (800 metri slm circa) è sito nella frazione Montefallonio di Peveragno, a ridosso della mulattiera che collega questa frazione alla località montana di Pradeboni. Si raggiunge dopo circa 15 minuti di camminata da Via Ciarma.

Su Castelvecchio (Castrum vetelum), come dice il nome stesso, sorgeva un villaggio fortificato, di epoca tardo-romana (IV secolo D.C), nato probabilmente come rifugio delle popolazioni locali alle sempre più frequenti scorrerie barbariche di quel periodo. Il suo abbandono, avvenuto in modo “precipitoso” (come hanno dimostrato scavi archeologici), avvenne nel VII/VIII secolo. Negli anni 90′ furono condotti scavi archeologici da parte della sopraintendenza dei beni artistici, in collaborazione con l’univeristà di Torino. Essi portarono alla luce diversi oggetti di artigianato e resti d’abitazione. Questi scavi furono però interrotti per mancanza di fondi.



Il Ricetto

E´ la parte più fortificata e, in Peveragno, piú alta del paese, luogo di rifugio per la gente in caso di emergenza.
Se ne parla giá nel 1362 e più diffusamente negli Statuti del Comune lá dove si ordina che il Ricetto sia tenuto sempre sgombro e si fa stretto obbligo all´autoritá comunale di provvedere alla manutenzione delle fortificazioni.
L´avvocato Vittorio Bersezio cosí descriveva il Ricetto nel 1933:
…Peveragno piú o meno aveva anticamente la situazione topografica attuale; il “castrum” o fortilizio era contenuto da una cinta fortificata e munita di torri che, partendo dall´attuale S.Giovanni, percorreva la ripa destra del Bedale, seguendone parallelamente il corso; giunta all´altezza del portale del Ricetto, deviava a destra, attaccandosi a questo e proseguiva dall´altra parte per la strada detta del “Carrubium”, raggiungendo cosí la piazza del Municipio ov´era la porta Posterna (posteriore) ricordata ancora nel dialetto locale (Pisterna) e andando a congiungersi all´attuale campanile di San Giovanni che sarebbe soltanto una delle torri antiche trasformata e adattata al nuovo scopo… La “Villa” si stendeva al disotto del “Castrum”, quasi in corrispondenza di tutta quella parte chiamata ancora “daval”, in contrapposto di quella “da munt”.
Bel monumento é il portale del Ricetto con basamento di pietra di circa tre metri su cui si eleva un arco a sesto acuto con una serie di affreschi in gran parte scomparsi.
Il Ricetto é ancora ricordato in documenti del 1743. da “Peveragno nei secoli” – Sac. Dott. Maurizio Ristorto – 1988

San Pietro in Forfice

E´ già ricordata in atto di vendita rogato il 15 marzo 1243 in favore della Certosa di Pesio, cui assiste come teste tra gli altri certo Guglielmo Sacerdos (!).
Nel registro delle chiese soggette al Vescovo di Asti fatto compilare il 9 giugno 1345 da Arnaldo di Roseto si ricorda pure la chiesa di Forfice, che paga di cattedratico L. 15 e fa parte della pieve di Beinette.

Secondo lo Scher la parrocchia era situata precisamente dove ora si trova la Cappella di S.Pietro come comprovano gli scavi fatti che portarono al rinvenimento di ossa umane, essendo noto a tutti che anticamente ogni parrocchia aveva il cimitero attiguo alla sua chiesa; forse la Cappella di S. Pietro potrebbe essere anche solo una cappella laterale della parrocchia stessa.
Sotto il lato artistico la Cappella di S. Pietro riveste particolare importanza per gli affreschi che la decoravano:
Nel 1960 i dipinti furono staccati ad opera della Sopraintendenza alle Gallerie e alle opere d´arte del Piemonte con il fattivo contributo dell´Amministrazione Provinciale e sono tuttora conservati a Cuneo, nella sede dell´Amministrazione stessa.

Il primo era nella parete absidale e rappresentava la Vergine in trono con il Bambino Gesú e i santi Pietro con chiave e libro e Paolo con spada e libro. Il secondo era nella parete destra e rappresentava la Vergine in trono con il Bambino Gesú. Il terzo infine nella parete laterale sinistra rappresentava la Vergine in trono con il Bambino Gesú, S. Pietro con chiave e libro, S. Paolo con spada e, alla destra di S. Paolo, S. Antonio abate con la campanella e il libro delle regole.

da “Peveragno nei secoli” – Sac. Dott. Maurizio Ristorto – 1988

La confraternita di Santa Croce

Una splendida incompiuta…

…si potrebbe definire questa Chiesa: e così suggeriva trent´anni fa uno dei suoi storici, l´Avv. Vittorio Bersezio.
Di fatto essa è mancante di intonaco sulla facciata e probabilmente ebbe l´imposta della cupola ribassata,con modifica del disegno originale,per motivi economici o direzionali. Il tutto le ha conferito una caratteristica di faticata genuinità e rusticità. E´ d´altra parte frutto secolare delle piccole sovvenzioni del popolo contadino ed artigiano,strumento di partecipazione in cui la gente del passato esprimeva istanza di religiosità e di socializzazione strettamente connesse.

Alla fine del XX Secolo ricorrono il terzo centenario di ideazione ed il secondo di compimento edilizio, ma in precedenza per secoli la Confraternita di San Pietro in Vincoli, operante in parallelo, ma autonomamente delle Confratrie assistenziali di Santo Spirito, aggregata come sodalizio di persona fin dal secolo XVII alla Confraternita del Gonfalone in Roma con diploma di Papa Urbano VIII, ripartita in Oratorio dei Disciplinanti (maschile) ed in Compagnia delle Umiliate (femminile) ricca di storia umana e di folclore,benemerita per ragioni non solo religiose ma civili,pegno in loco di collaborazione interparrocchiale (che è gran merito) ha avuto un´altra sede… Dove ?

E´ un problema che resta per ora insoluto, su di esso disponiamo solo di dati scarsi e contrastanti. Sappiamo che nel corso del 1700 il vecchio sito fu abbandonato perchè la sede era ritenuta vecchia, scomoda, indecorosa.
In questo luogo,cioè nel cuore della contrada detta del Ricetto “vicino alla casa comunale” questa Chiesa fu concepita nel 1699. Per costruirla allora si chiese a Roma e si ottenne l´autorizzazione a vendere 28 giornate di castagneto e prato(patrimonio della Confraternita) per ricavarne due mila lire.
Ma i tempi successivi furono lunghi: solo nel 1730 l´area fu acquistata da un certo Andrea Tosello, e solo nel 1743 il Vescovo di Mondovì Felice Sammartino potè constatare che la costruzione era pervenuta ad una terza parte del previsto.

Fu nel 1765 che il suo successore Michele Casati potè benedirla, ancora incompleta, dopo che da molti anni veniva utilizzata con una copertura provvisoria.
Nel 1789 alla vigilia della grande rivoluzione ebbe infine compimento con la costruzione del campanile.
Quali erano stati nel corso di quel sessantennio gli architetti? Anche su questo problema vi è un po´ di incertezza, quantunque una tradizione abbastanza concorde e l´esame stilistico ne facciano risalire il progetto a Francesco Gallo (1672-l750) il grande architetto monregalese, costruttore della cupola del santuario di Vicoforte e di innumerevoli edifici sacri e profani,il quale comunque potè averlo ispirato e parzialmente diretto lasciando poi ad altri l´onere di portarlo a termine.

Le caratteristiche tardo-barocche di questa costruzione sono messe in evidenza dall´impianto a croce greca coperto sul vano centrale (destinato alla popolazione) con una cupola ellissoide ribassata (che comunque fa misurare metri 18,60 di altezza da terra) poggiante su otto colonne raccordate con pennacchi a corto tamburo ad arconi portanti, il tutto posto in comunicazione tramite capace vano presbiterio con l´amplissimo coro(destinato ai confratelli) di forma ellittica.

Completano internamente l´insieme due ariose cappelle laterali ed un vano ingresso appropriato, in cui fu poi allogata l´orchestra, con ottimo organo, poggiante su colonne.
La severa facciata in cotto, scompartita in due o ordini di lesene e sormontata dal timpano, adorna di ampio finestrone e portale in pietra lo completano esternamente.
Questa chiesa fu nel 1834 decorata pittoricamente dal peveragnese Giuseppe Toselli ed arricchita di finissimi ornati ed altri soggetti pittorici da Charles Anglois pittore di origine francese.
Insieme con le pitture su tela (parte provenienti dalla vecchia confraternita e parte di fattura coeva della nuova) essa venne a disporre di una rilevante e significativa dotazione d´opere d´arte.
Ne indichiamo sommariamente le principali caratteristiche:

Fra le tradizioni devozionali che hanno formato patrimonio morale di questa Confraternita, ma sono ora desuete, pur avendo lasciato traccia nel costume,nelle pitture e nello strumentario disciplinare, deve essere ricordata la processione del Giovedì Santo.
Questa tradizione molto antica, riconducibile ad una sacra rappresentazione emblematica, era preceduta dalla cerimonia della “lavanda dei piedi” effettuata dal priore ai confratelli e si articolava in una sfilata di oranti, che portavano i simboli della passione, e costituivano anche gruppi plastici(come le Maddalene, i cavalieri, ecc,) veniva arricchita da una lamentazione sulla morte di Cristo cantata in versetti latini su struggente melodia nella suggestività della sera.

Stefano Bottasso – 1990

la cupola interamente affrescata da Giuseppe Toselli. Nel vasto ed arioso campo prospettico vi si celebra la gloria di Cristo vincitore, accolto in seno al padre ed allo Spirito Santo,cui si rivolge con umile arditezza San Pietro,sorretto ed accompagnato da uno stuolo di angeli, assorto nel divino colloquio con il Maestro. Gli fanno corona i santi più cari alla tradizione locale, si notano nell´ordine da sinistra:

le due Sante: Lucia(vergine siracusana,martirizzata intorno al 304 d.C. recante l´emblema dei suoi occhi strappati dal carnefice) ed Elisabetta Regina d´Ungheria,vissuta dal 1207 al 1231 benefattrice dei poveri e madre, recante l´emblema della corona di rose)
appartate in gruppo e tratteggiate in sobrio chiaroscuro stanno le Sibille, profetesse pagane dell´antichità che annunciarono la venuta del Redentore
San Sebastiano(soldato,martire attorno al 304 d.C., recante l´emblema delle frecce)
San Domenico di Gusmann (fondatore dell´Ordine Domenicano,vissuto dal 1170 al l222, qui ricordato per celebrare la presenza e l´opera in Peveragno ai primordi della comunità medioevale del convento e della chiesa di San Domenico di cui la confraternita nuova fu idealmente erede e continuatrice)
San Giuseppe,sposo di Maria Vergine,con l´emblema del bastone fiorito
San Mercurio(soldato, identificabile con un santo del III secolo d.C. martirizzato in Cappadocia, di antichissimo culto locale connesso a diversi filoni di tradizione)
Sant´Andrea Apostolo(martire, recante l´emblema della croce “ad X” sulla quale subì il martirio, di antica tradizione locale dovuta ad elementi di cultura orientale)
le pareti dell´emiciclo e del coro recano otto quadri muniti di pregevole cornice lignea, di fattura seicentesca,con scene della passione e della resurrezione di Cristo, naturalmente di ignoto autore
i pilastri centrali recano affreschi a chiaroscuro, probabilmente di mano dell´Anglois, rappresentanti le tre virtù teologali
la cappella a sinistra con al centro quadro rappresentante le Sante Lucia ed Elisabetta già ricordate con distribuzione di elemosina ai poveri. Opera di autore incerto settecentesco.
Ai due lati: sulla sinistra un quadro molto antico d´autore ignoto, rappresentante una Mater Dolorosa, sulla destra un quadro più recente che rappresenta santa Maria Maddalena penitente e recante l´emblema degli unguenti con i quali volle ungere i piedi del Signore, di autore incerto
la cappella a destra con al centro un quadro rappresentante San Pietro Martire (domenicano vissuto dal 1203 al 1252, martirizzato dagli eretici, assunto a simbolo della difesa della vera fede), recante in cartiglio il simbolo della scritta “Credo in Deum”, San Sebastiano già ricordato,e San Bovio o Bovone (martire attorno all´anno 985 d.C. di origine provenzale,personaggio che aveva avuto culto nella primitiva comunità peveragnese), opera ai autore incerto settecentesco. Questa cappella era considerata in passato come propria della Comunità.
Ai due lati:dipinti murali di mediocre fattura, di autore ignoto, rappresentanti (a sinistra) San Giuseppe ed (a destra) San Alfonso dei Liguori
il presbiterio: ai due lati dell´altare maggiore pendono quadri rappresentanti (a destra) san Luigi Gonzaga (1568/1590) in preghiera dinanzi alla Vergine, accompagnato da altra Santa, e (a sinistra) lo sposalizio della Vergine,di imitazione classica, attribuiti al Vinai, pittore operante in Peveragno Santa Maria attorno al 1878
il coro: al centro dell´absidato si ammira una tela d´autore ignoto, proveniente dall´antica Confraternita, seicentesca, rappresentante con vivacità l´episodio della “liberazione di San Pietro dai vincoli” come descritta negli Atti degli Apostoli. A destra ed a sinistra due grandi affreschi firmati da Giuseppe Toselli rappresentanti rispettivamente l´Ultima Cena del Signore, e l´Agonia del Signore nell´orto degli Ulivi, con cartiglio di firma stampigliato sul sasso
la sacristia: vi si possono ammirare due quadri antichi, provenienti dalla vecchia confraternita,che rappresentano:
una Madonna in maestà con il Figlio, accompagnato da San Pietro e da San Paolo, e da due confratelli oranti (distinguibili uomo e donna) che indossano il saio bianco con cappuccio caricato di un. distintivo a croce patente bianco/rossa e la datazione 1638.
A prova della relativa antichità di questo dipinto si può notare non solo l´uso delle antiche divise,soppresse da tempo,ma la compresenza con San Pietro anche di San Paolo, attribuibile ad un´epoca della vita del sodalizio anteriore alla costituzione in titolo di San Pietro in Vincoli
una Madonna con bambino, e con San Carlo Borromeo (1538/1584) orante, in presenza di due committenti di nobile aspetto vestiti in abito di foggia seicentesca.

Stefano Bottasso – 1990

La parrocchia di S. Giovanni Battista

Se ne parla forse per la prima volta negli atti della visita apostolica di Mons. Scarampi (1583) da cui risulta che il parroco di S. Maria reggeva anche la chiesa di S. Giovanni Battista fin dal 1580 non si sa perché; comunque, annullata l’unione, nel 1585 la parrocchia di S. Giovanni era posta a concorso; negli atti della visita di Mons. Castruccio, vescovo di Mondovì, nel 1597 si nota che la chiesa è retta da un sacerdote cui il Visitatore raccomanda, essendo nuovo, una copia dei decreti sinodali.
Per il Seicento purtroppo non abbiamo neppure il nome di un parroco, la serie dei parroci inizia soltanto nel Settecento.
La chiesa ha la forma di croce greca, con quattro altari, di cui i due che si trovano nei lati della croce dedicati l’uno alla Madonna del Carmine e l’altro all’Angelo Custode e gli altri due che si trovano a capo delle navatelle laterali l’uno della Compagnia delle Figlie di Maria con bella statua della Madonna, opera del Roasio, e l’altro della Compagnia di S. Agata e S. Apollonia.
Il campanile che sorge a lato della chiesa è una rustica torre di considerevole altezza con orologio e tre campane.
Il Priore Don Francesco Rizzo ha rifatto il tetto della chiesa, installato l’organo elettronico e provveduto un nuovo riscaldamento a gas
Si stanno programmando altri lavori come il restauro dei dipinti dovuti a Luigi Morgari e a Francesco Toscano e soprattutto pensa di rifare la facciata in mosaico per poterla salvare in modo definitivo dalle intemperie.

da “Peveragno nei secoli” – Sac. Dott. Maurizio Ristorto – 1988

La parrocchia di Santa Maria del Paschero

E’ ricordata la prima volta nello strumento di fedeltà prestato al principe Amedeo di Acaia dai Peveragnesi il 26 ottobre 1396 presente, tra gli altri, Don Galizio Fresiletto, rettore appunto della chiesa di S. Maria del Paschero.
Nella bolla con cui il 18 maggio 1438 si stabiliva quali parrocchie dovessero essere stralciate dalla diocesi di Asti e sottoposte al Vescovo di Mondovì è menzionata pure la chiesa di Peveragno.

Verso la fine del Quattrocento se ne parla ancora in un documento che la riguarda solo indirettamente.
I Padri Domenicani avevano in quel tempo in Peveragno un vicariato con alcuni religiosi retti dal P. Biagio Berra, inquisitore dell’eresia, quando un certo Antonio Retagliato fu Giacomo di Limone ma abitante da tempo in paese lasciava tre parti della sua eredità per la costruzione di una cappella nella chiesa di S. Maria del Paschero e per celebrarvi una Messa al sabato.

Il Berra, ufficiati gli esecutori testamentari e i principali del luogo, ricorreva al Papa Alessandro VI, il quale con un suo breve eseguito il 31 gennaio 1493 autorizzava la conversione del legato nella costruzione di una chiesa per i Padri Domenicani dedicata ai santi Bovo e Pietro Martire dell’Ordine dei Predicatori, nella sua decorazione, nel suo culto, nel mantenimento dei Padri e nel soddisfare all’obbligo della Messa settimanale.
Secondo il Casalis la costruzione della chiesa sarebbe iniziata già nel 1476 e nel 1487 si sarebbe realizzata la sua decorazione ad opera del Mazzucco; il legato avrebbe quindi soltanto saldato le spese.

Accanto alla casa dei Domenicani col passar del tempo fu eretto anche un monastero di monache di S. Chiara detto pure dei santi Bovo e Pietro Martire, che non ebbe vita lunga, perché verso la fine del Cinquecento non vi abitava più alcuna monaca tanto che Mons. Vincenzo Lauro, vescovo di Mondovì, il 28 aprile 1578 lo sopprimeva; il Papa Gregorio XIII con bolla 13 agosto 1579 ratificava la soppressione, aggregando le rendite del monastero ascendenti a 50 ducati d’oro al Seminario fondato nel 1573.
Ritornando alla chiesa di S. Maria, la vediamo ancora ricordata nel testamento con cui Simone Campana il 26 settembre 1521 fondava in Nostra Signora del Paschero l’altare di S. Antonio di Padova con annesso beneficio laicale.

Nella visita apostolica di Mons. Gerolamo Scarampi, vescovo di Campagna e Satriano, che ha luogo nel 1583, la situazione religiosa di Peveragno è complessa.
La chiesa di S. Maria Annunziata ha bisogno di varie riparazioni, specie al pavimento, la casa parrocchiale è distrutta, gli abitanti hanno uno spirito religioso piuttosto vacillante, un centinaio per diversi motivi non si sono comunicati a Pasqua, la dottrina cristiana non viene insegnata.
Il parroco Don Bernardino Campana fin dal 1580 regge anche la parrocchia di S. Giovanni (che risale al 1536) con unione personale delle due chiese col pretesto che un solo rettore possa adempiere meglio l’ufficio pastorale.

Nei decreti di visita è prescritta la ricostruzione della canonica e annullata l’unione delle due parrocchie essendo le anime superiori alle 3300; la separazione delle due chiese sarà attuata nel 1585, quando il Campana rinunzierà alla chiesa di S. Giovanni che sarà posta a concorso; nel 1590 egli rinunzierà anche alla chiesa di S. Maria.
In origine la chiesa di S. Maria del Paschero aveva la forma di un quadrilatero, era senza coro, con tre navate di quasi uguale altezza e volta a semplice solaio.

Nel 1725, sotto il pievano D. Giraud, vi si realizzarono diversi lavori: si costruì il coro e la volta a mattoni, si innalzò la navata centrale e sulle navate laterali si aprirono diverse finestre per dare luce e aria alla costruzione.
Il campanile che, a lato dell’altare maggiore, si elevava a forma di una grossa torre di pochi metri sopra il tetto fu innalzato una prima volta nel 1627, una seconda al principio del Settecento, una terza negli anni 1871-1872 per opera del pievano D. Scher benemerito per i molti restauri che fece attorno alla chiesa.

All’esterno, nel 1878, egli fece rimodernare la facciata su disegno del geometra Giovan Battista Marchisio, procurò le statue dei Santi Pietro e Paolo collocandole sui pilastri accanto alla porta e dal pittore Andrea Vinay fece affrescare l’Annunziata; l’affresco purtroppo deteriorato dalle intemperie dovrà essere sostituito dal pievano D. Preve con un altro del prof. Michelotti.
All’interno, siccome le pitture eseguite nel 1830 dal Toselli per l’umidità erano compromesse in modo irreparabile, il Pievano procurò una nuova decorazione servendosi dell’opera di diversi artisti: i quadri della volta furono compiuti ancora dal Vinay, le dorature eseguite da Francesco Curiotti di Cuneo, gli stucchi e il medaglione del coro da Francesco Solari di Locarno, gli ornati dal Pittavino di Cuneo e da Vincenzo Odello di Ceva, le statue di S. Andrea apostolo e di S. Mercurio, martire, patroni del Comune, dallo scultore Antonio Brilla di Savona.

Passando ora in rassegna gli altari e le cappelle, notiamo che l’icona dell’altare maggiore collocato in marmo nel 1772 a spese della Compagnia del SS. Sacramento e del Municipio è opera di Roberto Bonelli, allievo dell’Accademia Albertina di Torino, i dipinti laterali rappresentanti l’uno la Cena di Gesù e l’altro il Natale sono l’uno del Vinay e l’altro di Paolo Emilio Morgari, l’icona dell’altare della Madonna del Buon Consiglio e dei Santi Isidoro, Eligio e Giuseppe da Leonessa di Francesco Toscano, l’icona della Cappella delle anime opera del Vinay, l’icona della Cappella della Presentazione della Vergine e Compagnia delle Figlie di Maria opera di Francesco Gonin, mentre i quadri che rappresentano l’uno S. Agata e l’altro S. Teresa sono rispettivamente del Vinay e del Morgari e la statua del Cuore di Maria del Brilla; nella Cappella del Rosario il quadro rappresentante N.S. del S. Cuore è ancora del Vinay.

L’affresco della sacrestia è opera del pittore Carlo Anglois nato a Cuneo il 12 agosto 1807.
La stessa casa canonica legata alla parrocchia da Bartolomeo Gallo nel 1704 fu al centro delle premure di D. Scher che vi fece i più che necessari restauri. La chiesa consacrata il 13 settembre 1778 da Mons. Giuseppe Morozzo, vescovo di Fossano, veniva riconsacrata in occasione dei restauri e del centenario della prima consacrazione il 13 settembre 1878 da Mons. Placido Pozzo, vescovo di Mondovì.
Già abbiamo visto che il pievano D. Preve dovette sostituire l’affresco della facciata con un altro senza riuscire a risolvere il problema della sua conservazione, come è avvenuto invece peril pievano Don G.B. Giuliano che nel 1972 ha rifatto la facciata in mosaico, ha riparato il tetto per impedire infiltrazioni d’acqua, ha rifatto il pavimento che lasciava a desiderare e sostituito i banchi malconci dall’uso e dal tempo.

da “Peveragno nei secoli” – Sac. Dott. Maurizio Ristorto – 1988

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